Winston Churchill: La campagna dell’India

Grande statista, stratega, europeista a modo suo, protagonista o figura di sfondo di tutti i grandi film o serie TV sulla Seconda Guerra Mondiale. In breve, un personaggio storico-politico del ‘900, la cui rappresentazione più diffusa è quella con il suo sigaro in bocca e postura ricurva. Sir Winston Churchill è però meglio conosciuto dall’altra parte del globo come un sostenitore del regime oppressivo in India, all’epoca colonia britannica di grande rilievo. Churchill aveva già speso anni di gioventù: era stato mandato di stanza tra Bombay, Bangalore, Calcutta e l’Hyderabad per diciannove mesi tra il 1896 e il ’99. In quel periodo, Churchill si unì come corrispondente di guerra per alcuni giornali britannici al corpo di spedizione del Malakand, comandato da Bindon Blood nella campagna contro i ribelli Pashtun della tribù Mohmand nella Valle di Swat, in India nord-occidentale.  
Ma la questione Indiana scoppiò in seguito, agli inizi degli anni 1930, quando si dibatteva in Gran Bretagna sulla concessione alla colonia dello status di dominion, cioè di una larga autonomia politica. All’epoca, Churchill era un membro del Partito Conservatore e fortemente contrario alla concessione, in quanto riteneva gli indiani ancora troppo divisi in odi religiosi (tra indù e musulmani) e costumi arcaici come la divisione castale per poter diventare una vera nazione. Ad ogni modo, le autorità inglesi avanzarono l’offerta di semi-indipendenza. Come previsto da Churchill, il Partito del Congresso, guidato da Nehru e dal Mahatma Gandhi, rifiutò l’offerta, chiedendo la completa indipendenza. Venne quindi lanciata la campagna di disubbidienza civile, che portò all’arresto di Gandhi e Nehru. Ci sono fonti che sostengono che Churchill pensasse che l’Inghilterra stesse diventando fascista e che lui, o qualcuno come lui, alla fine sarebbe stato in grado di governare l’India come Mussolini governava il Nordafrica.       
Churchill era sempre stato un duro critico del sistema indiano delle caste e altre caratteristiche della società indiana, ma rapporto di Churchill con la leadership indiana e con Gandhi in particolare fu più complesso della semplice dura opposizione alle rivendicazioni nazionaliste. Quando era sottosegretario alle Colonie nel governo liberale di Campbell-Bannerman Churchill si oppose alle politiche discriminatorie degli immigrati indiani in Sudafrica e nel 1935, dopo l’approvazione della legge sull’autogoverno dell’India (Government of India Act), Churchill pranzò con il braccio destro di Gandhi, Ghanshyam Birla, al quale disse:

“Il signor Gandhi è salito di molto nella mia stima da quando ha preso le difese degli Intoccabili. Non sono d’accordo con la legge ma ormai è passata. Consideratelo un successo.”
Gandhi a Londra nel 1931

Great state-man, strategist, europeist in his own way and main character of all the great movies and TV series about IIWW. Long story short, an histori-political figure of the XX century, whose most famous representation is the one with his cigar and humpy posture. However, Sir Winston Churchill is sadly known on the other side of the globe as a supporter of the oppressive regime in India, a relevant British colony at the time. Churchill had already spend several years in India during his youth: he had been stationed between Bombay, Bangalore, Calcutta and the Hyderabad region for nineteen months from 1896 to 1899. In those years, Churchill joined the expeditionary force of Malakand, led by Bindon Blood in the campaign against the Pashtun rebels of Mohmand in the Swat Valley, in north-west India.
But the Indiana question arose later, in the early 1930s, when Britain was debating on whether  granting the colony the status of dominion, that is, a large political autonomy. At the time, Churchill was a member of the Conservative Party and strongly opposed to the concession, as he considered the Indians still too divided in religious hatred (between Hindus and Muslims) and archaic customs such as the societal caste division in order to become a true nation. Eventually, the British authorities made the offer of semi-independence. As predicted by Churchill, the Congress Party, led by Nehru and Mahatma Gandhi, refused the offer, demanding complete independence. The civil disobedience campaign was then launched, which led to the arrest of Gandhi and Nehru.
There are sources that claim Churchill thought England was becoming fascist and that he, or someone like him, would eventually be able to rule India as Mussolini ruled North Africa. Churchill had always been a tough critic of the Indian caste system and other characteristics of Indian society, but Churchill’s relationship with the Indian leadership – and with Gandhi in particular – was more complex than just tough opposition to nationalist claims. When he was Undersecretary to the Colonies in the liberal government of Campbell-Bannerman Churchill opposed the discriminatory policies of Indian immigrants in South Africa and in 1935, after the passing of the law on the self-government of India (Government of India Act), Churchill had lunch with Gandhi’s right-hand man, Ghanshyam birla, to whom he said:   

“Mr Gandhi has risen much in my esteem since he defended the untouchable. I do not agree with the law but it is now over. Consider it as a success.”

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