La Baltic Way, quando due milioni di persone fecero una catena umana di 675 km per protesta

In occasione della Baltic Way si attivò un’organizzazione importante. Poco o nulla venne lasciato al caso: furono utilizzate radio per trasmettere le istruzioni, mappe, megafoni, staffette motorizzate. L’atmosfera generale non era rabbiosa, bensì perlopiù di gioiosa consapevolezza. Il 23 agosto 1989 le tre repubbliche baltiche si mobilitarono per emanciparsi dal controllo dell’Unione Sovietica.

Il 23 agosto rappresenta la Giornata del Nastro Nero, ovvero la Giornata Europea di Commemorazione di tutti i regimi totalitari e autoritari. Nella fattispecie, nell’area baltica indica un momento di sentita denuncia dei crimini perpetrati dal n4zism0 e dal comunismo sovietico, entrambi subiti dalle popolazioni di Estonia, Lituania e Lettonia nel corso del XX secolo. Oltre a ciò, tuttavia, il 23 agosto del 1989 cadeva un’altra ricorrenza piuttosto importante, ovvero il cinquantenario dalla firma del patto Molotov-Ribbentrop, che ha rappresentato un momento di svolta per il continente europeo, all’alba della Seconda Guerra Mondiale. In particolare, una notizia che generò parecchi malumori fu l’ammissione da parte di alcune fonti istituzionali sovietiche dell’esistenza di una clausola segreta, inerente all’occupazione delle tre nazioni baltiche negli anni quaranta.

Quel giorno dunque Tallin, Vilnius e Riga fremevano per un’agognata indipendenza politica, che di fatto mancava dal periodo pre-bellico. Le tre capitali nordiche, e con esse gli interi territori circostanti, si resero infatti protagoniste di una delle proteste pacifiche più impattanti degli ultimi decenni di storia. Sotto il coordinamento di tre partiti politici locali, centinaia di migliaia di persone si organizzarono all’unisono per realizzare una lunga catena umana, stringendosi le mani per circa 675 km. L’obiettivo era emanciparsi politicamente dall’URSS, lanciando al mondo un messaggio di compattezza sociale al riguardo. L’efficacia performativa della catena umana ebbe i suoi effetti, facendo circolare il messaggio all’estero ed esercitando pressione politica sul Cremlino, che scelse di non rispondere con la repressione. Del resto, l’URSS stava affrontando una delle fasi più complicate dalla sua nascita, facendo uso di ricette economico-politiche non adeguate alle contingenze, quali la glasnost’ e la perestrojka, che anzi contribuirono all’innesco di timide proteste popolari, via via sempre più accese.

In occasione della Baltic Way si attivò un’organizzazione importante. Poco o nulla venne lasciato al caso: furono utilizzate radio per trasmettere le istruzioni, mappe, megafoni, staffette motorizzate.
L’atmosfera generale non era rabbiosa, bensì perlopiù di gioiosa consapevolezza. Aeroplani planarono a bassa quota per “salutare” l’immensa catena umana, canti popolari si sollevarono nelle strade e nelle piazze, intere famiglie si ritrovarono sull’asfalto mano nella mano. 

Poco più di due mesi più tardi cadrà il muro di Berlino, il mese successivo – il 3 dicembre 1989 – Stati Uniti d’America e Unione Sovietica dichiareranno congiuntamente la fine della cosiddetta “Guerra Fredda”. Un nuovo mondo si stava schiudendo, nelle menti e nei cuori di milioni di persone in tutto il mondo. Nella regione baltica questo sentimento stava venendo convertito nella stagione della “rivoluzione cantata”, come è stata ribattezzata la parentesi storica compresa tra il 1987 e il 1991. L’episodio di cui abbiamo parlato oggi ne è stato un episodio, uno dei più emblematici probabilmente.

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