“Forse sono rimasto al potere un po’ troppo”

Questa dichiarazione è stata pronunciata da Aleksandr Lukashenko nel 2020, di fronte a un gruppo selezionato di giornalisti russi. Figura di spicco della Bielorussia, governa il paese ininterrottamente dal 1994. A luglio saranno esattamente 30 anni di potere, suddivisi in sei mandati consecutivi. E’ complesso tratteggiarne il profilo in poche righe, ma un aspetto da sottolineare è che – a dispetto della citazione in copertina – la situazione socio-politica bielorussa sia financo peggiorata negli ultimi anni. Questo in seguito a una stagione di proteste e sommovimenti – definiti “gentili” dalla giornalista Micol Flammini (nel libro “La cortina di vetro”, anno 2023) – sviluppatasi proprio tra il 2020 e il 2021.

Prima di allora tutte le tornate elettorali sono state vinte da Lukashenko con percentuali intorno all’80% [da un minimo di 77,4% nel 2005 a un massimo di 83,5% nel 2015], anche grazie a probabili brogli e al depotenziamento sistematico delle opposizioni. Sul finire dello scorso decennio però, un crescente segmento sociale si è sentito rappresentato dall’atteggiamento critico e coraggioso di tre donne, divenute leader di un movimento che vorrebbe chiudere l’interminabile parentesi post-sovietica aperta nel 1994. Si chiamano Sviatlana Tsikhanouskaya, Veronika Tsepkalo e Maria Kolesnikova, a loro volta sono compagne o mogli di tre importanti oppositori politici, arrestati o messi in fuga dal regime.

Un accenno sulla forma di governo vigente in Bielorussia: a Minsk ufficialmente si ha una repubblica presidenziale, ma nei fatti viene definita una dittatura da numerosi analisti. L’attuale presidente ha legato la nazione alla Russia di Putin, dopo che per alcuni anni (a cavallo tra i ‘90 e i Duemila) sembrava potesse giocare un ruolo di superiorità rispetto a Mosca. Lukashenko si è proiettato nell’agone politico con le stimmate dell’outsider; aveva infatti un passato contadino, oltre che da proprietario di un sovchoz (l’azienda agricola tipica del sistema collettivistico sovietico).

In parte sfruttò questo suo passato a fini propagandistici, poiché quel modello di gestione in Bielorussia non era percepito come negativo.

A quasi 30 anni dall’inizio della sua parabola governativa, c’è da chiedersi però quali siano le sue prospettive e soprattutto quelle delle nuove generazioni di cittadini bielorussi. Non resta che osservare.

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