Agosto 2000: la tragedia del mare di Barents

“La tragedia del Kursk” è uno di quegli eventi capaci di lasciarci attoniti, eppure non viene conosciuta come dovrebbe. Il Kursk (nome completo: K-141 Kursk) era un sottomarino russo a propulsione nucleare. Faceva parte di quella generazione di armamenti sorta e messa in funzione dopo il crollo dell’Urss. E’ ufficialmente entrato in servizio infatti nel 1995. Esso rappresentava un fiore all’occhiello per la marina di Mosca. Ebbene, il 12 agosto del 2000 successe qualcosa di anomalo nel mare di Barents. Qualcosa che non doveva verificarsi. Qualcosa che non era stato neppure preso in considerazione che sarebbe potuto accadere. Questa, almeno, è stata la percezione che è venuta fuori nei mesi successivi.

Che cosa è accaduto?

Una forte esplosione (forse due), probabilmente causata da un siluro, portò a un danneggiamento irreparabile di parte della struttura, così da farla inabissare velocemente. Il Kursk andò ad adagiarsi sul fondo, a più di 100 metri di profondità. Lo scoppio aveva causato la morte immediata della maggior parte dell’equipaggio, tuttavia 23 uomini riuscirono a sopravvivere a quella deflagrazione tremenda, ritrovandosi nella pancia del sottomarino in fondo al mare di Barents. Un incidente di questa portata non sembrava tollerabile in quel frangente storico per un gigante ferito quale era la Russia del novello presidente Putin, salito al potere appena 3 mesi prima (il 7 giugno 2000). Con dei ritardi che successivamente sono risultati assurdi, la Russia ammise l’incidente soltanto due giorni dopo. Nel frattempo i superstiti del Kursk avevano lottato per 48 ore tra la vita e la morte. Alla fine perirono tutti, troppo lenti e inefficaci i soccorsi (anche a causa delle condizioni climatiche avverse). Gli interrogativi che seguirono questa drammatica vicenda sono stati tanti, troppi.
“Perchè”…perchè che fluttuavano nelle conversazioni in ufficio. “Perchè” che rimbalzavano da una testata giornalistica all’altra, in tutto il mondo. L’unica cosa certa è che fosse forte la volontà del Cremlino di voler insabbiare lo stato pessimo in cui si trovava la propria industria bellica. Dopo lo smantellamento dell’Unione Sovietica nel 1991

la Russia stava cercando di ricostruirsi una credibilità anche in campo militare, tra mille difficoltà. Questo affondamento, peraltro a danno di un sottomarino considerato tra i migliori a propria disposizione, arrivava nel momento meno indicato.
Ciò detto, l’aver lasciato 23 membri dell’equipaggio vivi in fondo alle gelide acque del nord per quasi due giorni prima di lanciare l’allarme, ha gettato un velo veramente triste e inquietante su tutta la vicenda.

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