Hong Kong, tra le proteste e il controllo cinese – Intervista

Per dare uno sguardo alle vicende che stanno scuotendo Hong Kong in questi giorni, abbiamo intervistato Francesco Vitali, consulente fiscale residente ad Hong Kong da 5 anni. Gli abbiamo fatto alcune domande per far luce sul funzionamento di alcuni meccanismi cinesi che in Occidente sono poco chiari, e lui ci ha regalato la prospettiva neutrale di un cittadino europeo che vive e lavora in Asia, proprio dove sono scoppiate le proteste contro il Governo centrale cinese.

  • Dopo il picco dell’epidemia i cittadini di Hong Kong sono tornati in piazza per protestare contro la legge sulla sicurezza nazionale approvata ufficialmente ieri dall’Assemblea Nazionale del Popolo. Questo significa che è finita l’autonomia di Hong Kong rispetto al Governo cinese?

Intanto va detto che dal 1997 al 2047, periodo in cui Hong Kong in base agli accordi a suo tempo sottoscritti dalla Cina con il Regno Unito resterà una Regione Speciale da un punto di vista amministrativo rispetto alla Cina continentale, era implicito e naturale che sarebbero aumentate progressivamente le limitazioni a Hong Kong . Nel ’97 la Cina era ancora una potenza silente, nonostante fosse già cominciato il periodo di industrializzazione, mentre i cittadini di Hong Kong stavano bene a livello economico, e non guardavano ai cugini cinesi come ad una minaccia imminente. Bisogna pensare a Hong Kong come ad una colonia fortunata, perché grazie alla sua posizione strategica ha avuto una storia privilegiata rispetto ad altre, però rimane pur sempre una ex colonia britannica, quindi in realtà tutta questa autonomia non l’ha avuta neanche in passato sebbene abbia goduto di importanti benefici. Il successo di Hong Kong è cominciato negli anni ’60, ma fino al secondo dopoguerra era stata in balia della Cina, poi dell’Inghilterra, poi del Giappone, e poi di nuovo della Gran Bretagna, quindi non è mai stata veramente libera; è grazie ad una serie di accordi commerciali e la sua posizione geografica che è riuscita a ritagliarsi uno spazio importante, diventando dagli anni ’60 in avanti il centro finanziario del continente asiatico. Forse, a differenza di quello che tanti si sarebbero potuti aspettare, alcune libertà, come quella di espressione e di stampa verranno ridotte sempre di più, probabilmente questo non avverrà da un giorno all’altro, però nei prossimi vent’anni ci si avvicinerà sempre più velocemente al modello cinese, e di certo non si può dire che sia una mossa imprevista.

  • Il Governo centrale cinese ha l’effettiva autorità per applicare questa legge di sicurezza? Hong Kong non è un territorio semi-autonomo il cui statuto garantisce alle autorità locali la competenza dell’ordine pubblico?

Il fatto che la Cina eserciti potere legislativo su Hong Kong è parzialmente errato. Il famoso Accordo del ’97 prevedeva che Hong Kong sarebbe rimasta autonoma da un punto di vista legislativo ed economico per 50 anni (e da qui il detto di Hong Kong “un Paese due sistemi”). Ma in realtà Hong Kong ha autonomia legislativa su tutto quello che non riguarda la politica estera, che è rimandata invece al Governo centrale cinese. Inoltre, questa legge sulla sicurezza nazionale doveva già essere promulgata nel 2003 dal Governo di Hong Kong. Poi, siccome la Cina all’epoca non era ancora così “aggressiva” e non aveva ancora la brama e la forza di diventare la prima potenza mondiale, dopo qualche iniziale protesta il progetto è stato abbandonato sul nascere. Questa legge non era ancora presente quindi nella legislazione della città, che non ha una vera Costituzione, non essendo uno Stato indipendente, ma ha una basic law, una sorta di Costituzione de facto. La Cina ha dunque utilizzato a suo favore le proteste importanti dell’ultimo anno, pubblicizzandole come atti secessionistici, di terrorismo e di violenza, dimostrando come queste mettano seriamente in pericolo non solo Hong Kong, ma tutto il continente della Greater China, trasformando quella che era politica interna in politica estera, e permettendogli così di poter legiferare a riguardo. A questo si potevano opporre fondamentalmente due soggetti, il Governo di Hong Kong, dimostrando che questo è un problema legislativo interno, ma  non sarebbe potuto avvenire perché l’amministrazione di HK non è altro che il megafono del Governo centrale cinese; la Gran Bretagna, essendo il soggetto firmatario degli Accordi del ’97, ma anche in questo caso sono coinvolti troppi interessi economici e molteplici relazioni tra cinesi e gli inglesi, e in più ora la Gran Bretagna è uscita dall’Unione Europea, quindi non ha nessun motivo per farsi avanti e scontrarsi con la Cina. In poche parole, non è illegale che la Cina abbia legiferato su questa legge di sicurezza, ci si poteva opporre ma chi avrebbe potuto non avrebbe avuto nessun interesse nel farlo. La Cina quindi ha agito con scaltrezza per l’ennesima volta.

  • Questa potrebbe essere interpretata come una manovra della Cina per dar possibilità all’intelligence di lavorare più liberamente ad Hong Kong, e magari per accelerare il controllo sul territorio?

L’intelligence ed i servizi segreti, quindi tutti quegli organi che agiscono nell’ombra, sono già presenti da tempo sul territorio, tanto è vero che qualche anno fa, durante una partita di calcio dove per la prima volta è stato suonato l’inno nazionale cinese e non quello di HK, tutti quelli che lo hanno fischiato sono stati arrestati dagli agenti infiltrati, che erano molti. Questa legge forse consente alla Cina di creare delle piccole “agenzie” dichiarate per poter fare una loro propria attività sul territorio. In più bisogna sempre tenere conto del fatto che il Governo di HK è nelle mani della Cina, quindi i funzionari hanno il cappello di HK ma il cuore cinese.

Bisogna inoltre considerare il fatto che HK ha la terza borsa valori d’Asia dopo Tokyo e Shangai, e il 90% delle società quotate sono controllate dalla Cina. HK è l’unico posto offshore dove i cinesi possono trasferire ed utilizzare capitale per poter fare investimenti all’estero e poterlo liberamente trasferire, a differenza di quanto possono fare nel continente. Questa è la vera autonomia che ha HK rispetto al continente, ovvero quella finanziaria, ed è anche l’unica libertà che se un domani andrà a cessare manderà in crisi il sistema economico della città. È anche vero che se non vai a stuzzicare il can che dorme, lui non ti morde. Non credo dunque che ci sia una vera volontà da parte cinese di ridurre l’autonomia del territorio. Di sicuro il potere di un regime come quello comunista cinese è basato sul controllo totalitario delle persone, e totalitario vuol dire che un miliardo e trecento mila persone sono controllate quotidianamente. Io credo che i sistemi di controllo piano piano aumenteranno, ma non dall’oggi al domani. Diciamo che ora non ti è più concesso bruciare una bandiera cinese in piazza o creare un sito antigovernativo. I cinesi sono molto bravi a giocare in attacco piuttosto che in difesa. I manifestanti sono scesi in piazza per contestare una legge, e se si fossero fermati lì, forse oggi non saremmo qui a parlarne. Invece hanno voluto pestare il piede sull’acceleratore sperando di fermare il regime. Il regime ha parlato di terrorismo e ha portato all’esasperazione la situazione, rendendo così legittima la legge sulla sicurezza nazionale. Gli Stati Uniti hanno alzato la voce, affermando che HK non si può più considerare un territorio libero, minacciando di annullare dei benefici finanziari. In risposta, neanche 24 ore dopo, la legge è passata all’Assemblea Nazionale del Popolo, dimostrando che il potere economico ormai non è più in mano ai colossi occidentali. Sono tutte mosse di attacco invece che di difesa.

  • Chen Daoxiang, capo dell’esercito cinese ad HK, ha affermato che è pronto ad agire con fermezza per applicare le decisioni ed i piani del Governo centrale, questo cosa significa? Pugno di ferro? Quali sono i rischi per l’ala pacifica dei manifestanti? Invece per i cittadini comuni?

Questa legge è passata. Queste restrizioni quindi saranno in vigore a breve. Penso, pur non avendo la sfera di cristallo, che continuerà quello che sta avvenendo durante la seconda fase delle proteste: la polizia è più aggressiva ed intensifica le sue postazioni, non permette più qualsiasi genere di assembramento, bloccando sul nascere qualsiasi forma di manifestazione. Hanno agito tempestivamente per reprimere ogni protesta fin dall’origine spesso senza neanche avvisare come fatto in passato. Sono partiti direttamente ad arrestare le persone o sparare proiettili con il peperoncino. Hanno bloccato la voce dei manifestanti sul nascere. Mercoledì 27 ci si aspettava una grossissima manifestazione, ma in realtà i piccoli focolai che sono riusciti a creare sono stati fermati subito. In più, hanno cominciato ad arrestare i bambini (dai 12 ai 16 anni). Tutte strategie insomma per terrorizzare soprattutto l’ala pacifista della protesta e per far capire che ora basta, la tolleranza è finita. L’ala pacifista ha dunque compreso che il gioco non vale la candela, mentre quella più aggressiva probabilmente non si fermerà, ma comunque ha un destino abbastanza segnato, perché, come in Cina, chi alza la voce è un ingranaggio rotto del sistema e deve essere fermato prima di rovinare la macchina. Per questo le proteste probabilmente sono destinate a scemare sempre più nei prossimi mesi. Per quanto riguarda invece i cittadini comuni, il pericolo fisico non sussiste, mentre dal punto di vista lavorativo, soprattutto per chi come me lavora per delle aziende internazionali, HK è ancora considerato un centro di investimento per tante aziende italiane ed europee, quindi per ora la preoccupazione è lecita ma contenuta. Le minacce americane sono piuttosto inconsistenti; negli anni passati l’America come l’Europa ha delocalizzato tantissimo in Cina, più della metà delle industrie statunitensi utilizzano semi-lavorati e materie prime cinesi, quindi è impossibile attuare queste restrizioni di cui parlano, almeno nel breve periodo. 

  • Con l’approvazione di questa legge di sicurezza nazionale, quali sono per l’appunto i rischi per tutte le aziende internazionali che hanno sede ad Hong Kong? E per i cittadini stranieri, come te, che ci vivono?

Negli anni scorsi la Cina ha promulgato un progetto che si chiama Greater Bay Area (GBA), un’area che collega tutto il Sud della Cina, circa 70 milioni di persone, dove sono stati individuati tre centri che secondo i loro obiettivi geopolitici diventeranno il centro manufatturiero (con capitale Guangzhou) logistico e  Hi-tech (Shenzhen) e finanziario (proprio con Hong Kong) della Greater China. Se nella visione del Governo centrale ci fosse l’idea di limitare le libertà economiche di HK, difficilmente, credo, l’avrebbe inserita in questo progetto. Forse la volontà di accelerare il controllo sul territorio potrebbe essere vera proprio con questo obiettivo. Però se si guarda a città come Shangai, dal punto di vista meramente economico, gli effetti non si posso valutare in altro modo se non positivi. Il numero dei poveri diminuisce, negli ultimi dieci anni hanno innalzato quasi del 300% il reddito medio. Ovvio la parte positiva ha anche un risvolto negativo, che è quello che conosciamo tutti del vivere sotto un regime. Se mi chiedi se ora sono preoccupato, la risposta è no. Molte aziende internazionali stanno fatturando più in Asia che negli Stati uniti in questo momento. Anzi, per queste aziende, sempre dal punto di vista economico, le proteste sono un problema.

  • Il Governo cinese spesso parla di “terrorismo” per spiegare le proteste di HK. È il termine giusto da utilizzare? O è forse una manovra politica per strumentalizzare le proteste a proprio favore? Vi aspettate qualche altra grande manifestazione da parte dei manifestanti?

Ad HK non ci sono state azioni terroristiche, e soprattutto non ci siamo mai sentiti veramente in pericolo. Il terrorismo come lo intendiamo noi non c’è mai stato. Ad un certo punto il mondo si è trovato a vedere immagini di molotov, metropolitane in fiamme e persone in lacrime per i lacrimogeni. Questo ha giustificato la Cina, che li ha fatti passare come atti terroristici. Ma noi che viviamo qui non l’abbiamo vista sotto quest’ottica, quindi in questo senso sì, le immagini sono state strumentalizzate.

Non posso affermare con sicurezza che non ci saranno altre grandi dimostrazioni da parte dei manifestanti, ma quello che so è che nella prima fase le manifestazioni riunivano centinaia di migliaia. Ora la polizia non lo permette più, e spegne sul nascere qualsiasi possibilità di riunione. Le immagini che circolano in questi giorni mostrano lo sforzo della polizia nel sedare i piccoli focolai arrestando i manifestanti, e non più le migliaia di persone in marcia. In questo senso posso affermare che sì, probabilmente le proteste sono destinate a scemare nei prossimi mesi. Ci aspettiamo forse una manifestazione il 4 giugno, data di anniversario dall’inizio delle proteste nel 2019, ma se capitasse, sarebbe più una concessione da parte del Governo, come un contentino democratico anche se al momento è ancora in vigore una legge che limita gli assembramenti.

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