La guerra dell’Isis al patrimonio archeologico

Il conquistatore prova sempre a eliminare le tracce del suo predecessore. I romani praticavano la damnatio memoriae: i nemici e i traditori di Roma vedevano il loro nome e la loro opera cancellata, come se non fossero mai esistiti. Durante la Rivoluzione francese vari artefatti religiosi andarono distrutti in nome della razionalità e della laicità. Sotto Mao, il ricco patrimonio imperiale fu spazzato via dalla Rivoluzione culturale. Per i regimi totalitari del Novecento il passato è da trasformare e riscrivere, cosi come accade in 1984 all’interno del Ministero della Verità. La damnatio memoriae resta largamente diffusa ancora oggi, perché è la maniera più efficace di scegliere una storia a discapito della verità. In Afganistan si cancella il passato buddista (Buddha di Bamiyan), in Iran la cultura zoroastriana e il pre-islamismo in Arabia Saudita, in Siria e in Iraq.
Queste guerre della memoria tramutano l’archeologia e il patrimonio in uno strumento di lotta ideologica e nazionalista. 
Lo Stato islamico in Iraq e Levante (ad-Dawla al-Islamiyya bi-l-‘Iraq wa-sh-Sham) è contemporaneamente antioccidentale e antistorico. Nessuna storicità è ammessa. C’è solo un tempo, il “tempo originale” del VII secolo. Daesh non vuole accelerare il tempo come gran parte dei movimenti rivoluzionari, ma vuole fermarlo per l’eternità al tempo glorioso di Maometto. Lo Stato islamico non propone solo una pulizia etnico religiosa, ma una vera e propria pulizia culturale, che impedisca alla popolazione di pensare. La regione “Sham”, ovvero la Siria, è una terra santa per eccellenza, grazie ai vari luoghi di pellegrinaggio che ospita. Per questo motivo tutto ciò che appartiene ad altre culture viene sistematicamente distrutto. E ovviamente direttamente postato sui canali di comunicazione per infiammare ulteriormente il fanatismo. Dal 2014 Daesh ha iniziato a distruggere e a trafugare il patrimonio culturale di Siria e Iraq. In particolar modo, lo Stato islamico si è accanito contro i siti religiosi antichi precedenti alla conquista araba e alla conversione all’Islam del territorio. Lo stato islamico dispone di un’unità speciale incaricata della distruzione culturale (che ricorda con orrore il Ministero della Verità orwelliano). Ovviamente, dato il grande valore di queste opere, spesso esse sono conservate per
essere rivendute sul mercato nero e i profitti entrano nelle casse dello Stato islamico. Tra i molti siti archeologici distrutti, quelli che hanno sconvolto di più l’opinione pubblica sono stati la città antica di Ninive, alle porte di Mosul, in Iraq e il sito di Palmira, patrimonio dell’umanità UNESCO in Siria. Nel 2014 dopo la conquista di Mosul, i militanti di Daesh hanno abbattuto le mura di cinta dell’antica capitale assira. Duemila libri antichi, preservati nella Biblioteca di Mosul, vengono bruciati davanti alle telecamere. Inoltre, vari video mostrano la distruzione delle statue raffiguranti i Lamassu, le celebri divinità alate dal corpo di toro e la testa umana. Martellate, tagliate o spezzate con i bulldozer, le statue sono cancellate per sempre dalla memoria irakena in nome del peccato di idolatria. Il 22 maggio 2015 le truppe dello Stato islamico entrano a Palmira, soprannominata la perla del deserto, spettacolare sito archeologico in Siria centrale. Anticipando l’arrivo di Daesh, molte opere d’arte vengono trasferite a Damasco. Tuttavia, tutti i monumenti non trasportabili sono fatti esplodere e il direttore del sito archeologico, Kaled al-Assaad, è giustiziato dai jihadisti. Il gruppo estremista riesce in pochi giorni a cancellare la traccia della ricca diversità culturale presente nella città di Palmira. 
Di fronte a questo massacro culturale, Ban Ki-moon e Irina Bokova, direttrice dell’UNESCO, hanno lanciato un appello: “La distruzione di un patrimonio così prezioso compromette l’identità e la storia del popolo siriano e dell’intera umanità. La tutela del patrimonio culturale, sia materiale che intangibile, è indissolubilmente legata alla protezione delle vite umane e dovrebbe essere parte integrante dell’azione umanitaria e dell’impegno per la costruzione della pace in Siria. La salvaguardia del patrimonio culturale siriano deve essere parte integrante dell’azione che stiamo conducendo per porre fine alla violenza.
La distruzione dei resti del passato impedirà alle generazioni
future di conoscere la loro ricca eredità”. Inoltre, l’UNESCO, insieme all’Institut du Monde Arabe e a Ubisoft, ha ideato una mostra che, grazie all’esperienza della realtà virtuale, cerca di restituire allo spettatore la bellezza di questi siti perduti per sempre. Mosul, Aleppo, Palmyra, e Leptis Magna sfigurati dai recenti conflitti e dalla follia dei fanatici, sono restituiti tramite video, immagini e interviste. Sperando che in futuro le generazioni che sono state private perfino del loro passato possano conoscere la loro Storia multiculturale e multiconfessionale.

Share via
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: