Gli orizzonti rivoluzionari del Movimento del ’77

La radicalizzazione, l’esasperazione, la precarietà e il senso di estraneità degli anni ‘70 – in Italia – fluirono tuttei nel Movimento del ‘77, insieme alla voce di Bob Dylan, le poesie di Patrizia Cavalli e il romanzo “Alice nel paese delle Meraviglie”, di Lewis Carroll.

Il Movimento del ‘77 nacque in maniera spontanea, come conseguenza della crisi delle organizzazioni extra parlamentari nate dopo il Sessantotto. I vecchi gruppi della sinistra extraparlamentare risultavano ormai inadeguati, superati e le loro organizzazioni furono pesantemente criticate dal Movimento in quanto avevano preferito l’istituzionalizzazione, perdendo così la loro essenza originale. Venne messo in discussione tutto il sistema di partiti e sindacati e tutte le organizzazioni intorno a cui i movimenti studenteschi si erano riuniti fino ad allora. 

Il movimento rimase sempre diviso in due correnti principali: una più spontanea, ironica, irriverente e prevalentemente pacifista (di cui facevano parte ad esempio gli “indiani metropolitani”, i più creativi in assoluto) e una più dura, militarista e politica. 

Lo sviluppo del movimento portò ad un’avanguardia culturale. A fianco della politica, il grande protagonista del movimento fu il desiderio individuale. I giovani esprimevano la loro autonomia rifiutando ogni tipo di regola, organizzazione o pensiero politico, sottolineando la loro diversità rispetto al sistema. In questo contesto vennero creati i primi centri sociali, dove la cultura alternativa passava attraverso le voci e le parole delle numerose riviste e radio libere nate in quegli anni. Si respirava un’aria anticonformista e creativa, alla ricerca dell’originalità volta al superamento dell’estremismo politico.  

Non mancarono gli scontri in piazza, non mancò la violenza e soprattutto non mancò il confronto con le forze dell’ordine. La morte di un giovane studente militante, Francesco Lorusso, colpito da un proiettile l’11 marzo 1977 mentre fuggiva dagli scontri con la polizia, provocò una reazione di rabbia e sdegno che sfociò in proteste le quali colpirono le principali città del paese come Milano, Bologna e Torino. La violenza degli scontri portò Francesco Cossiga, allora ministro dell’Interno, a decidere di disperdere i manifestanti facendo intervenire i blindati e vietando i cortei nella capitale. Questa decisione ebbe come conseguenza l’aumento della tensione tra forze dell’ordine e militanti e portò a giorni di vera e propria guerriglia urbana, come quella del 12 maggio a Roma, dove la studentessa Giorgiana Masi perse la vita rimasta colpita da un proiettile calibro 22.
Le proteste travolsero le strade del paese per i mesi seguenti, fino a quando l’1 ottobre il giovane militante Roberto Crescenzio morì a causa delle ustioni provocate durante un un attacco all’Angelo Azzurro, bar di Torino ritenuto rifugio di neofascisti e spacciatori.

Quest’ultima morte colpì particolarmente il Movimento, che cominciò a interrogarsi sulla sua stessa natura. 

Il Movimento del ‘77 durò un solo anno, esaurendosi di fatto durante “Il convegno nazionale contro la repressione” svoltosi a Bologna tra il 23 e il 25 settembre 1977, a cui parteciparono tra le 70 e le 100mila persone. Fu una stagione breve ma intensa, a cui seguirono anni difficili, dal rapimento e l’uccisione di Aldo Moro allo scatenarsi del terrorismo. I militanti del movimento continuarono a portare avanti le loro idee politiche nei centri sociali o nei gruppi storici della sinistra extraparlamentare. Altri scelsero nuove battaglie come l’ecologia e le filosofie orientali, e altri ancora scelsero invece di ritirarsi in sé stessi, prendendo le distanze da qualsiasi lotta politica.
Il Movimento del ‘77 fu quindi l’ultima volta in cui si manifestarono gli orizzonti rivoluzionari che avevano caratterizzato il paese per l’intero decennio, insieme alla loro irreversibile crisi. 

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