Kurti, Zivi Zid e Skopje: come state, Balcani?

Leggendo la cronaca politica balcanica, la sensazione che generalmente si forma è quella del “tanto qui non cambia niente, se non lentamente”.

Da una parte, in tutta franchezza, posso esssere pure persuaso da questa visione dei fatti – basti pensare all’incatenamento politico-economico della Bosnia-Erzegovina ai quasi trentennali Accordi di Dayton; ma dall’altra, tiro un sospiro di sollievo.

Per due ragioni:

  1. Credo che se le leggi e le riforme venissero fatte con troppa fretta, dettate dall’umore e dalle richieste dell’opinione pubblica (“tutto e subito”), il rischio è quello di fare un pessimo lavoro – o, nella migliore delle ipotesi, parziale o cieco.
  2. Nei Balcani, almeno negli ultimi decenni, il cambiamento (purtroppo) si è trascinato dietro una lunga scia di sangue.

Ora la domanda che potremmo porci è questa: allora, se tutto è così complicato e rischioso, conviene stare immobili? Risposta: assolutamente no.

Infatti, se vogliamo analizzare insieme l’evoluzione degli Stati della ex-Jugoslavia, possiamo notare come alcune mosse si siano rilevate felici ed altre, senza essere troppo clementi, assolutamente errate.

Tralasciando, almeno per una volta, le motivazioni e le conseguenze della disgregazione dello Stato di Tito, passiamo ad osservare alcune strategie o momenti storici che hanno influenzato la vita dei Balcani attuali.

Partiamo da qualcosa di positivo? Partiamo dalla Slovenia e dalla Croazia. Quest’ultimi due Paesi hanno avuto l’onore (e l’onere) di entrare nell’Unione Europea, superando la leggenda degli “slavi come selvaggi”, facendo – almeno in parte – delle buone riforme ed ampliando le proprie entrate.

Tra l’altro, pensando che la fortuna è cieca ma la sfortuna ci vede benissimo, i primi sei mesi del 2020 avrebbero visto l’Ue capitanata proprio da Zagabria (il famoso “semestre croato”). Per chi studia (o semplicemente ama) i Balcani, ha giustamente sperato molto che questo periodo potesse fungere da veicolo per incrementare il dialogo con Bruxelles, e permettere a nuovi Stati (su tutti la Macedonia del Nord e l’Albania – ma aggiungerei pure la Serbia) di approdare nell’Europa che conta.

Com’è andata a finire? Qualche timido tentativo di fare un passo avanti c’è stato, poi è arrivata la pandemia del Covid-19 e le preoccupazioni si sono spostate altrove.

A pensarci bene, quando i bosniaci scherzano in maniera pessimistica sul destino di tutto il popolo slavo (della serie: siamo tutto tranne che fortunati), penso proprio che abbiano ragione.

Pensando a ciò che non funziona, la lista è lunga: il fallimento (ieri totale, domani chissà) delle politiche europeistiche di Zoran Zaev (ex presidente della Macedonia del Nord) che hanno portato Skopje – calpestando pure il referendum popolare – a rinunciare al proprio nome e parte della propria storia.

Mi sovviene anche la non strategia di conciliazione e riconoscimento dell’indipendenza tra Kosovo e Serbia. Un po’ di tempo fa, azzardai un suggerimento ad Albin Kurti (ex presidente kosovaro) di promuovere delle politiche concrete, rivolte a proteggere tutto il popolo dello Stato di Pristina (non solo la fazione albanese), provando a dialogare in modo costruttivo con Belgrado (cosa assolutamente non facile). Purtroppo Kurti non ha mai seguito nessun consiglio (non i miei ovviamente, ma di analisti con la “a” maiuscola) e il suo governo è caduto dopo poche settimane di comando. C’est la vie.

Albin Kurti

Altro giro, altra corsa. Perchè non parlare di Zivi Zid? Un giovane partito nato nel 2011 in Croazia, con l’obiettivo di legalizzare le droghe leggere e combattere le occupazioni abusive.

Questo movimento, in italiano “Barriera Umana”, merita assolutamente qualche considerazione (sia positiva che negativa).

Ha sicuramente dei pregi: è una fazione politica composta da molti giovani, che crede nei valori pacifisti (sembra una banalità ma, fidatevi, non lo è) ed ambientalisti (questa sì che non è una banalità, le città balcaniche molto spesso sono quanto di più inquinato ci possa essere).

Zivi Sid si definisce, parafrasando, più o meno così: “Partito di persone coraggiose e non corrotte che combatte per una società giusta, socialmente sensibile ed economicamente vitale che mette al centro l’Uomo e la Natura”. Tradotto: vuol dire tutto e niente, vedremo come si comporterà nei prossimi anni. Intanto, senza ombra di dubbio, sta piano piano riscuotendo sempre più successo (a dimostrazione del fatto che le nuove generazioni slave sono sempre più lontane dai vecchi partiti di altre epoche).

Le note dolenti, però, sono molteplici: è anti-Europa (con tratti molto populistici); professa una politica economica di tipo protezionistico ; crede che la Croazia dovrebbe uscire dalla Nato (Chissà quanti Paesi della ex-Jugoslavia vorrebbero essere al posto di Zagabria? Più o meno tutti).

Insomma, come potete vedere, c’è tanto su cui discutere nei Balcani. La speranza è che la direzione, presa all’unisono, porti alla prosperità e allo sviluppo. Noi, in silenzio e con tanta fiducia, aspettiamo.

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