5.Visita al campo profughi di Aida

Dopo aver visitato il museo dello Yad Vashem (articolo 1 e 2), aver conosciuto il Centro Peres per la pace e l’innovazione (articolo 3) e analizzato la Terra Santa per i cristiani (articolo 4), oggi ci immergiamo in un campo profughi palestinese. Si tratta del campo profughi di Aida, esistente da quasi 70 anni, nei pressi di Betlemme. Come tutti i campi profughi inizialmente si sviluppò come tendopoli ma successivamente assunse l’aspetto di un sobborgo estremamente fatiscente della periferia della città.

Prima di iniziare la nostra visita, vediamo perché questi campi profughi esistono e cerchiamo di comprendere come funzionano.

La dichiarazione di indipendenza dello Stato di Israele, nel 1948, provocò la “guerra di indipendenza (מלחמת העצמאות) per gli israeliani e “al-Nakba” (النكبة‎) per gli arabi, ossia il conflitto tra gli israeliani e gli arabo-palestinesi della regione, appoggiati, questi ultimi da diversi paesi arabi del Medio Oriente. Con gli accordi di armistizio, Israele riuscì ad ottenere un territorio maggiore rispetto a quanto previsto dal Piano di partizione dell’ONU, la Striscia di Gazza venne occupata dall’Egitto mentre la Cisgiordania dall’allora Transgiordania. Le linee di cessate il fuoco divennero più tardi, come vedremo nel prossimo articolo, la “Green Line”.

Durante e dopo il conflitto, secondo le stime delle Nazioni Unite, metà della popolazione palestinese dell’epoca (circa 750.000) fuggì ed emigrò. A tal proposito l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite con la risoluzione 302 (IV) dell’8 dicembre 1949 stabilì l’Agenzia UNRWA (United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East) e definì lo status di rifugiato palestinese come “una persona il cui normale luogo di residenza era la Palestina nel periodo dal 1° giugno 1946 al 15 maggio 1948 e che di conseguenza perse sia la casa sia i mezzi di sostentamento come risultato del conflitto del 1948”. Questo status è un unicum giuridico infatti è ereditario, ma anche UNRWA è unica in termini di impegno di lunga data nei confronti di un gruppo di rifugiati poiché ha contribuito al benessere e allo sviluppo umano di quattro generazioni di rifugiati palestinesi. Oggi, circa 5 milioni di rifugiati palestinesi possono beneficiare dei servizi dell’UNRWA. Vista l’assenza tuttora di una soluzione al problema dei rifugiati palestinesi, l’Assemblea Generale ha rinnovato ripetutamente il mandato dell’Agenzia, da ultimo fino al 30 giugno 2020.

Da quando l’Agenzia iniziò le sue attività provvede al sostentamento di 59 campi profughi ufficiali, di cui 8 nella Striscia di Gaza, 19 in Cisgiordania, 10 in Siria, 12 in Libano e 10 in Giordania. Tuttavia, è bene sapere che UNRWA non gestisce dal punto di vista amministrativo i campi ma è responsabile della gestione dei programmi di istruzione, sanità, assistenza e servizi sociali. L’Agenzia non è responsabile per la sicurezza, la legge e l’ordine nei campi e non ha forze di polizia o servizi di intelligence. Questa responsabilità è sempre rimandata al governo ospitante.

L’ingresso del Campo Aida

A soli due chilometri a nord della città di Betlemme, non lontano da Gerusalemme, si trova uno dei più antichi campi profughi della regione: il campo di Aida.

Sebbene i suoi confini siano rimasti gli stessi da quando è stato istituito nel 1950, su un terreno di soli 0,71m2, la sua popolazione è più che raddoppiata.

All’ingresso incontriamo una grande porta con sopra “la Chiave del ritorno” a simboleggiare la speranza di tornare un giorno a casa, e poi tutta una serie di graffiti raffiguranti soprattutto i villaggi natii. Poi a macchia d’olio tutta una serie di palazzine ricoperte con grossi serbatoi per raccogliere l’acqua, infatti le reti idriche sono vecchie e in cattive condizioni e l’acqua viene fornita per solo due giorni a settimane alterne.

A rendere il campo ancora più singolare è il fatto che oggi è parzialmente circondato dalla barriera o muro di separazione, che dir si voglia, vicino a due grandi insediamenti israeliani (Har Homa e Gilo) e alla Tomba di Rachele. Questi ultimi fattori, insieme alla costante presenza militare e alla vicinanza dei campi al principale checkpoint tra Gerusalemme e Betlemme, hanno reso il campo vulnerabile a una serie di problemi di protezione: incursioni regolari da parte delle forze di sicurezza israeliane (ISF), scontri che coinvolgono residenti nei campi, molti dei quali sono bambini, e un numero crescente di feriti a causa di una forza eccessiva da parte dell’ISF.

I tetti del Campo Aida

Anche sulla Tomba di Rachele si dovrebbe scrivere un articolo. È considerata come il luogo di sepoltura della matriarca del popolo ebraico Rachele, ma successivamente anche cristiani e musulmani hanno iniziato a venerarla. Secondo il piano di partizione delle NU per la Palestina del 1947, la tomba doveva rientrare nella zona amministrata a livello internazionale di Gerusalemme, ma l’area fu subito occupata dalla Giordania (fino al 1967) che impedì agli ebrei di visitarla, violando de facto anche l’armistizio del 1949 tra i due paesi. Dal 2000 sono seguiti numerosi episodi violenti che hanno coinvolto la Tomba, tanto che l’Alta Corte di giustizia israeliana ha riconosciuto la necessità di difenderla e così oggi la Tomba si trova racchiusa dal muro.

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