Admira e Bosko: un amore più forte dei Kalashnikov

Chissà quante volte, abbracciati in un prato primaverile o, magari, sotto le coperte di un letto, mentre Sarajevo indossava la neve, si saranno detti: “Ecco, con te, vorrei stare così per sempre.”

Sono una coppia, Admira e Bosko, di soli venticinque anni, che non volevano altro che amarsi. Per sempre. Lei musulmana, lui serbo-ortodosso, si vivono tra carezze e baci.

Si amano e si amano così tanto che, nonostante l’odio etnico che imperversa in tutta la Bosnia-Herzegovina durante la guerra, non sentono l’eco delle bombe.

Il destino quanto mai tragico ed assassino, però, con loro ha perso. Ebbene sì, ha perso. Dovete sapere che c’è un fattore, un elemento invincibile, che cuce sempre le bocche dei Kalashnikov. C’è un’emozione che non subisce l’etnia o la differenza religiosa. Admira e Bosko quella piccola sensazione la custodiscono tra i loro occhi. Mentre si guardano in viso, mentre le dita tracciano dolci sentieri tra i loro volti, traspirano l’arma più forte e più innocua che ci possa essere: l’amore.

Quella coppia, caduta sotto venticinque proiettili, non smetterà mai di essere un tutt’uno. Il corpo può morirci addosso ma l’amore, nemmeno durante la guerra, può soccombere.

E il 19 maggio 1993 non fa eccezione. Quei due ragazzi si muovono mano nella mano sul ponte Vrbanja. Una piccola lingua di cemento che sorvola la Miljacka e che collega il quartiere di Grbavica a Marin Dvor.

Il Ponte Vrbanja

Su, in cima ad una collina che violenta Sarajevo, c’è uno snajper. Lui è troppo impegnato ad uccidere per vedere la bellezza di quei due giovani. Spara verso i due e Bosko cade sull’asfalto. Gli altri proiettili feriscono la ragazza. Admira potrebbe correre. Potrebbe mettersi in salvo e sfuggire dai colpi assassini dei serbi. Ma lei, come avrete immaginato, non è una persona qualsiasi. Il suo Bosko non è un ragazzo qualsiasi. L’amore offusca la mente e a volte non porta a fare la scelta giusta – oppure sì, ma il cinismo o lo spirito di sopravvivenza queste cose non le capiscono.

Admira no, non ci pensa nemmeno un attimo. Sanguinante, martoriata dal dolore e della paura, non volge il suo passo verso una disperata salvezza ma, trascinandosi, torna indietro. Torna da Bosko. Lo abbraccia, chissà cosa gli dice. A volte non servono le parole. A volte basta il calore del corpo. A volte basta sentirsi.

I loro sogni, sotto il boato asettico e gelido dei Kalashnikov, volano via. Vanno più in alto dei minareti delle moschee e più in alto del Monte Trebevic.

Quei corpi forse non si sono nemmeno accorti di essersi spenti. Il corpo può morirci addosso ma l’amore no.

Rimangono così, immobili, per ben otto giorni. La guerra li ha uccisi. L’esercito serbo li ha portato via tutto. O, almeno, li ha portato via tutto solo in apparenza perché quella coppia vivrà per sempre. Ancora oggi la loro storia viene cantata e osannata nelle poesie. La guerra, come tutti sappiamo, è finita ed ha portato via con sé uno Stato intero ma non quei due ragazzi.

Admira e Bosko, forse lo sanno pure loro, hanno vinto.

Tra le colline sarajevesi, tra gli alberi in fiore, ci sono due tombe. Nel Lion Cemetery ci sono due volti, incastonati in cuore di granito, che si sorridono per l’eternità. Admira e Bosko, nonostante tutto il sangue e tutto il dolore, si guardano con gli occhi più innamorati di sempre.

Chissà quante volte si saranno detti, abbracciati e felici, che sarebbero voluti restare così per sempre. Ecco, la coppia innamorata più forte dei Kalashnikov e dei colpi di mortaio, ha vinto. Gli occhi di lui baciano quelli di lei. Per sempre.

Qualcuno una volta ha scritto una frase, e vi sfido a non commuovervi, che ha consegnato Admira e Bosko – insieme al loro amore – alla Storia: “Nessuno si amerà mai così finché c’è acqua che scorre nella Miljacka”.

I corpi ci muoiono addosso ma l’amore no, quello trionferà sempre.

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