Olafur Eliasson e Monica Bonvicini: come l’arte interpreta il cambiamento climatico

Come abbiamo in parte visto, l’arte, nelle sue più svariate forme (dalla fotografia di moda alle installazioni d’arte contemporanea che oggi presentiamo), si fa interprete di urgenze impellenti, quella da una parte di rappresentare e riflettere sulle condizioni critiche di un ambiente sempre più bistrattato e degradato, e allo stesso tempo di ergersi a simbolo di una tendenza modaiola, per quanto autentica e generosa, dell’arte che si interessa al sociale. Non sempre le opere di grandi artisti di fama internazionale, però, ci offrono uno sguardo disilluso e per nulla propositivo, regalandoci un forse scontato e largamente condiviso rammarico per lo stato (dell’arte) del pianeta, ma anzi rispondono talvolta al famoso “Earth Calling” tramite scelte incoraggianti. È il caso di “She lies”, installazione in acciaio e vetro realizzata dall’italiana Monica Bonvicini nel 2010 (che vinse tra 156 artisti internazionali un concorso della Public Art Norway) e collocata di fronte alla Oslo Opera House in Norvegia. L’opera, un vero e proprio inno alla gioia, cattura la luce, il cielo, attira il mare e amalgama la vegetazione e gli edifici in costruzione, riflettendo tutto l’ambiente contemporaneamente. Direttamente ispirata a “Il mare di ghiaccio” di Friedrich (1824) e sua trasposizione spaziale e temporale, rappresenta un monumento allo stato di cambiamento perenne, unendo la trasparenza a un virtuale accumulo di rovine e lastroni di ghiaccio, riflettendo l’umore della terra e relazionandosi in maniera complementare con altre opere, tra le quali le pareti a nido d’ape di Olafur Eliasson. Proprio a quest’ultimo dobbiamo l’opera “Ice Watch” del 2014, che consiste di 12 blocchi di ghiaccio provenienti da un fiordo della Groenlandia, piazzati insieme al geologo Minik Rosing al centro della Piazza del Municipio di Copenaghen e disposti a formare un orologio che ricordi come le temperature stiano aumentando e il livello degli oceani stia salendo. Più recentemente (2018) i due hanno ripetuto l’operazione, stavolta con 24 blocchi posti di fronte all’edificio della Tate Modern a Londra.
Veterano dell’impegno socio-politico attraverso l’arte e mosso dall’intento di rendere evidente la critica condizione ambientale, Eliasson sposa la causa della sensibilizzazione al cambiamento climatico, sostiene “Esprimere l’amore per il nostro mondo (…) le preoccupazioni per il suo futuro… Questo è per me arte” e auspica “Trasformiamo la conoscenza del clima in azione climatica”.


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