Verso le Europee: il dibattito di Maastricht

In esclusiva per Frammenti di Storia, direttamente da Maastricht, NL, arriva questo articolo in preparazione alle elezioni di maggio. Dopo 5 anni dalla sua prima edizione e a meno di un mese dalle elezioni europee, si è tenuto ieri sera a Maastricht (Paesi Bassi) il dibattito tra i candidati alla Presidenza della  Commissione Europea. Lo scopo principale del rarissimo confronto diretto tra i sei spitzenkandidaten – normalmente impegnati in campagne elettorali singole o in mansioni istituzionali – è quello di legittimare il potenziale futuro esercizio dell’autorità che reclamano, di spiegare come intendono utilizzare il potere loro concesso, una volta ottenuto. I candidati presenti al confronto sono cinque: Violeta Tomic (Party of European Left), Frans Timmermans (Party of European Socialists), Guy Verhofstadt (Alliance of Liberals and Democrats for Europe), Bas Eickhout (European Green Party) and  Jan Zahradil (Alliance for Conservatives and Reformists in Europe); ma nell’aria del Theater aan het Vrijthof e durante tutto il dibattito, più che le 5 presenze si nota l’assenza del candidato dell’European People Party, Manfred Weber, sottolineato a più riprese dai candidati e dai due moderatori.         

IL DIBATTITO

Il primo tema ad essere affrontato, Digital Europe, vede già un cambiamento nei modi e nell’atteggiamento dei candidati rispetto all’ultima edizione del dibattito nel 2014. All’epoca, i candidati erano stati criticati per essere troppo accondiscendenti e poco conflittuali, facendo sembrare il tutto uno stranamente educato, poco coinvolgente scambio di opinioni. Ad oggi, tutti sarebbero a favore di una maggiore regolazione delle nuove tecnologie, ma ognuno puntualizza un particolare dettaglio delle sue modalità a seconda delle proprie idee politiche: Zahradil vuole assistenza delle Commissione agli Stati Membri, non un’azione uniforme e armonizzata come invece sottolinea Verhofstadt, che promuove anche la creazione di piattaforme e risorse made in Europe, il che  permetterebbe un aumento della competitività globale e una minore dipendenza da altri colossi statunitensi e asiatici. Tomic riporta l’attenzione sulla tanto discussa tassazione delle società informatiche per generare lavoro, educazione e superamento dell’austerità. Sta a Timmermans mettere tutti d’accordo (o quasi), difendendo e promuovendo la protezione dei nostri dati e la tassazione delle aziende tecnologiche e coniugandoli con un investimento nel digitale che abbia un forte impatto sociale senza dimenticare però i rischi e le minacce nel mondo cyber.

Il secondo argomento trattato, Sustainable Europe, è più controverso e conflittuale. Eickhout promette di fare della politica ambientale una competenza esclusiva della Commissione, in modo da poter essere davvero al cuore di ogni iniziativa UE, tralasciando però che una competenza è trasferita a livello europeo con il consenso degli Stati Membri. E se Timmermans ricorda che la sostenibilità non è un’esclusiva del partito dei Verdi, Zahradil non è totalmente d’accordo: alla domanda e risposta per alzata di mano “Chi di voi sostiene lo Sciopero del Clima?” il suo è l’unico braccio a restare inerme sul leggio. Il commento: “Non tutti i Paesi sono pronti a questa transizione. Non poniamoci nuovi obiettivi se non siamo stati in grado di raggiungere quelli già prefissati.”

Il terzo e ultimo tema, The Future of Europe, inizia con una unanimità all’ impegno a promuovere una Commissione volta alla parità di genere. Dopo lo stupore iniziale, le divergenze riaffiorano: Verhofstadt e Timmermans spingono su quello che L’UE ha già raggiunto in termini di parità di genere e su quello di cui ancora c’è bisogno, come più mobilità e sicurezza sociale, che va armonizzata tra stati membri. E’ Eickhout a smuovere il clima, sostenendo che le parole dei due coprono in realtà una mancanza di fatti: finora le istituzioni hanno fatto poco, è ora di accelerare nell’ambito della sicurezza (sociale e non) e implementare un salario minimo europeo. “Il salario minimo è calcolato secondo bisogni e contesti economici locali, che differiscono di paese in paese: non si può armonizzare!” controbatte Zahradil.

EPILOGO

Non si può certo dire che sia stato un dibattito sottotono come accaduto 5 anni fa. Le differenze e frizioni tra i candidati e i partiti europei che rappresentano sono affiorate in maniera distinta e accentuata in diverse occasioni. Nonostante non si sia parlato di Brexit e si sia solo accennato alla necessità si una politica unitaria di asilo e immigrazione, temi caldi e di scontro in questi mesi all’interno delle istituzioni europee, il confronto tra candidati non è stato dei più miti, mantenendosi sempre nel rispetto e nell’educazione che si confanno a un dibattito politico. Specialmente Eickhout si è dimostrato particolarmente aggressivo nei confronti di Verhofstadt, attaccandolo direttamente due volte con accuse di incoerenza tra parole e azioni in Parlamento. Verhofstadt si difende bene in prima istanza, ma sembra scivolare e calare con l’avanzare del dibattito. Timmermans affronta bene i temi all’ordine del giorno; è preparato, parla bene e sa quali temi stanno a cuore dei suoi elettori, ma la sua dialettica pare poco concreta. Accanto a lui, Zahradil appare totalmente isolato e con argomenti alquanto deboli, nonostante il suo partito si attenda un notevole aumento di voti nelle urne di Maggio. Anche Tomic appare debole e in disparte: non riesce a inserirsi nel dibattito e a mettere a segno nessun affondo, restando tristemente sullo sfondo e non riuscendo a sfruttare a suo vantaggio il fatto di essere l’unica figura femminile sul campo. Lo scontro è quindi tra Verhofstadt e Eickout e occasionalmente include anche Timmermans, che però appare come l’uomo forte della situazione, in parte anche per l’assenza di Weber, suo rivale ideologico e politico. La sensazione del pubblico è rispecchiata dal sondaggio informale condotto in chiusura: “Chi pensate abbia ‘vinto’ il dibattito di stasera?” Timmermans ‘vince’ con il 43%, seguito da Eickhout (36%) e con la triplice coda di Verhofstadt (9%), Zahradil (7%) e Tomic (5%). Considerando tutte le limitazioni del caso, tra meno di un mese sapremo quanto questi numeri rappresentano la reale percezione e le preferenze dell’elettorato europeo.

Share via
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: