Stati Uniti – Iran: la Madre di tutte le partite

21 Giugno 1998, Lione.
Il contesto è il Mondiale di calcio ospitato in Francia, l’episodio è quello che il presidente della Federazione calcistica statunitense definì come “la madre di tutte le partite”, Stati Uniti – Iran. 
Il retroscena politico vedeva quasi un ventennio di tensioni tra i due paesi, dal 1979, anno in cui l’Ayatollah Khomeini prese il potere nello stato mediorientale scalzando “l’occidentale” Pahlavi, instaurando un governo profondamente islamico e interrompendo ogni rapporto con gli americani. 
La nazionale iraniana si era qualificata con un rocambolesco 2-2 giocato a Melbourne contro l’Australia, guadagnandosi l’ingresso nella competizione quasi vent’anni dopo l’ultima volta. I festeggiamenti a Teheran e nelle principali città del paese furono memorabili per intensità e dimensioni. A fare ancor più scalpore però fu la composizione del gruppo F al sorteggio dei gironi, la nazionale iraniana infatti avrebbe dovuto affrontare, oltre a Germania e Jugoslavia, gli Stati Uniti d’America. Il match prese connotazioni politiche molto prima di essere giocato, a partire dalla squadra designata come “casalinga” e quella “ospite”, in Iran tutto ciò era visto come l’occasione per battere, a livello sportivo e d’immagine, il nemico storico. 
La prima giornata del girone è persa sia dagli statunitensi che dagli iraniani, la seconda prevede lo storico match che è già un dentro-fuori, chi perde è matematicamente eliminato dal mondiale. 
La partita è calda sia dentro che fuori dal campo, la notizia è che 7000 biglietti sarebbero stati venduti a membri di un’organizzazione terroristica di opposizione al governo iraniano, i Mojahedin. Il pericolo non si limita all’ esposizione di messaggi politici ma a vere e proprie invasioni di campo, le forze dell’ordine francesi sono impegnate proprio nella prevenzione di tutto ciò pochi minuti prima dell’inizio del match.
La partita vede imporsi la squadra iraniana, che passa in vantaggio con Estili e poi raddoppia con Mahdavikia, a nulla serve il gol dello statunitense McBride. L’Iran vince 2-1, non riuscirà a passare il girone ma al ritorno in patria i giocatori verranno accolti come veri e propri eroi dal loro popolo.
Si può dire che quella partita fu l’espressione di come un evento sportivo possa essere un modo per riavvicinare, anche per poco, due paesi politicamente così distanti, come disse il difensore americano Jeff Agoos dopo la partita: “Abbiamo fatto più noi in 90 minuti che i politici in 20 anni!”.

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