La Corea del Nord e la “Division 39”

La Divisione 39 (o “Room 39”) è un enorme controsenso inserito nel contesto nordcoreano. Essa è una sorta di industria privata, un dipartimento dello stato, portatore di numerose attività commerciali in vari ambiti, che opera con enormi guadagni in favore di una ristretta cerchia di uomini. Ebbene, la famiglia Kim rientra tra i beneficiari di questa “azienda”, le cui operazioni sono tenute perlopiù nascoste al pubblico. E dunque, un regime che per decenni ha professato una perfetta e inattaccabile ortodossia social-comunista, in realtà nasconde un’anima capitalista, incarnata proprio dai vertici della struttura. Secondo un libro scritto da Michael Breen,intitolato “All’ombra del dittatore grasso”: «Probabilmente fondata verso la metà degli anni settanta per finanziare le ambizioni politiche di Kim Jong-il, la Divisione 39 svolge le sue attività su due fronti. Il primo è guidato dal Gruppo Daesong, che è proprietario della banca Daesong e dalla Golden Star Bank, con sede a Vienna, ma si occupa anche di altre attività legittime. […] Il secondo fronte su cui opera la Divisione 39 è quello del commercio di armi e di altre attività illegali come il traffico di droga e la contraffazione dei dollari americani» Per Kim Jong-il in prima persona i profitti sono stati notevoli. Secondo quanto hanno dichiarato alcuni investigatori di Macao e della Corea del Sud al Wall Street Journal, il traffico di eroina e metanfetamine avrebbe fruttato al Caro Leader circa 500 milioni di dollari all’anno, una cifra spropositata e stridente se messa a confronto con la qualità media della vita all’interno del suo paese. Secondo Michael Breen è probabile che i 450 milioni di dollari che la Hyundai inviò di nascosto alla Corea del Nord prima del summit del 2000 siano andati alla Divisione 39.
Un articolo de Il Foglio del 2010, quando Kim Il Sung (padre dell’attuale Kim Jong-un) era ancora in vita, denunciò questo speciale dipartimento del regime nordcoreano. Si legge infatti: «Mentre il regime sponsorizza la campagna “mangiamo soltanto due pasti al giorno”, Kim Tong-un [il capo dell’Ufficio 39 – nota] spedisce carichi di sigarette contraffatte verso la California.
Questa era la prima mansione dell’Ufficio 39, un mercato che ora gli rende almeno 720 milioni di dollari all’anno. Poi si è passati al narcotraffico, che garantisce alla Corea del nord un posto di rilievo nel mercato delle anfetamine e degli oppiacei. Lo dimostrano alcuni sequestri eccellenti: nel 2003 la marina australiana ha fermato la nave nordcoreana Pong Su, su segnalazione dei servizi segreti americani, scoprendo 150 chili di eroina pura. Le aziende controllate dall’Ufficio 39 hanno affinato la loro arte a tal punto che anche gli scanner elettronici faticano a distinguere i dollari falsi da quelli veri – ci cascano anche le slot machine di Las Vegas, dice l’intelligence statunitense. Il regime di Pyongyang non può avere accesso al credito dagli anni Settanta, almeno in via ufficiale. Kim Jong Il ha voluto risolvere il problema adottando sotto l’ombrello della pubblica amministrazione un dipartimento che rastrella finanziamenti direttamente da attività criminali. Per questo, durante la visita di Kim Jong Il in Cina, la Casa Bianca ha calibrato le sanzioni esattamente sull’Ufficio 39.»
La Divisione 39, in definitiva, dovrebbe essere il vero obiettivo delle sanzioni internazionali, perché si andrebbero a toccare realmente gli interessi dell’élite di Pyongyang. La figura di Kim Jong-il viene macchiata ulteriormente da questa vicenda, perché oltre a portarlo agli onori della cronaca come un capo di stato crudele e impassibile di fronte alle sofferenze del suo stesso popolo, lo rende un individuo assolutamente incoerente con gli ideali propugnati dalla propaganda a lui asservita.

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